Ieri, squadre SWAT e agenti della polizia politica hanno perquisito la casa dell’insegnante Acun Karadağ nella capitale turca Ankara. Dal 2016, Karadağ sta lottando per il suo posto di lavoro, da cui è stata licenziata durante le epurazioni del governo fascista iniziate in Turchia a seguito del tentato colpo di stato militare dell’estate del 2016. Dal novembre 2016, l’insegnante con lunghi anni di esperienza nell’insegnamento di storia e scienze sociali in una delle scuole elementari della capitale turca, ha partecipato all’azione di protesta dal titolo “Vogliamo riavere il nostro lavoro”, che si svolge due volte al giorno, in viale Yuksel, nel centro cittadino.
Ieri la casa di Karadağ è stata presa d’assalto mentre lei non c’era. Secondo le informazioni pubblicate sul suo account Twitter, la polizia ha sequestrato il suo computer e il suo smartphone, ponendo domande su Nuriye Gulmen (l’accademica che ha iniziato a protestare contro le epurazioni del potere fascista nell’autunno del 2016). Con la stessa vilenza Merve Demirel, una studentessa universitaria di 22 anni che, che, pur non affiliata alle epurazioni, sostiene regolarmente la protesta in viale Yuksel, all’inizio di quest’anno è stata vittima di abusi sessuali da parte di un poliziotto mentre era detenuta in una delle azioni di protesta a cui partecipava.
Merve Demirel, che ieri ha partecipato di nuovo alla protesta in viale Yuksel, è stata arrestata da agenti della polizia politica e portata nel quartier generale della polizia di Ankara. La polizia non ha fornito alcuna ragione chiara per il fermo. Quasi contemporaneamente, le case del settantenne Mehmet Yilmaz, membro della TAYAD (Associazione per la solidarietà delle famiglie dei prigionieri politici), e di Bengisu Demirel, la sorella di Merve Demirel, sono state prese d’assalto. Anche loro sono stati portati nel quartier generale della polizia politica.
Il potere fascista cerca ancora una volta di fermare i partecipanti e i sostenitori dell’azione di protesta di viale Yuksel. Già da quasi 1.000 giorni, un gruppo di funzionari che hanno perso il lavoro durante le epurazioni dell’oligarchia fascista, iniziate dopo il tentato colpo di stato militare nell’estate del 2016, lottano non solo per tornare al lavoro, ma anche contro tutte le ingiustizie che i popoli della Turchia e del Kurdistan si trovano ad affrontare.