Prima siamo state asfissiate con il gas, poi siamo state bruciate vive.
Il 19 dicembre 2000, durante l’operazione nel dormitorio femminile C-1 della prigione di Bayrampasa, sei prigioniere sono state bruciate vive e altre decine sono state avvolte dalle fiamme ardenti. Una di queste detenute è sopravvissuta. Abbiamo intervistato Ebru Dincer su quello che è successo la mattina del 19 dicembre nel dormitorio C-1.
Ebru Dincer: Fui arresta nel 1996. Ero nella prigione di Bayrampasa da circa cinque anni e mezzo. Non ero stata ancora condannata. Attualmente sono ancora in detenzione preventiva. Ho dovuto subire diverse operazioni. I medici dicono che dovrei ricevere delle cure all’estero ma non ho il permesso di espatrio. A causa delle bruciature le mie palpebre non possono chiudersi completamente. Mi è stato detto che questo potrebbe causarmi la cecità in futuro. E’ per questo che siamo stati creati? Per il “Ritorno alla vita”?
Vatan: Cosa accadde il 19 dicembre?
Ebru Dincer: Eravamo nell’ultima fase dello sciopero della fame. Tutti conoscevano le ragioni del nostro digiuno. Ero nel terzo team dei volontari fino a quando stavamo bruciando. Dopo sono stata medicata. Prima del 19 dicembre i negoziati erano aperti ma il girono antecedente i fatti fu presa una decisione. Il primo ministro solo un giorno prima disse: “Domani sarà un giorno differente”. Mi ricordo questo molto chiaramente. Ha detto: “Domani sarà un girono differente”. E fu proprio questo che accadde. Molte cose cambiarono in una notte. Ventotto persone furono massacrate in un giorno. La maggior parte delle prigioniere fu ferita o mutilata. Questo è stato il nostro “Ritorno alla vita”. Questo l’apice della brutalità.
Vatan: Come si svolse l’operazione? Il giorno prima era tutto normale, secondo la solita routine?
Ebru Dincer: Si, tutto era normale e la giornata scorreva secondo il solito ritmo. Ci fu un attacco immediato. Stavo dormendo quando iniziarono l’operazione. Nella camerata un paio di amiche erano sveglie. Alle 4:30 ci siamo svegliate tutte a causa dei rumori. Io ero nel dormitorio femminile C-1 nella prigione di Bayrampasa. Quando iniziò l’attacco, inizialmente hanno forato il soffitto del piano superiore del dormitorio. C’erano buchi ovunque sopra di noi. Le bombe di gas sono state gettate da questi buchi. Non abbiamo avuto il tempo neppure di cambiarci. Ci siamo vestite in pochi secondi. Non avevamo niente per proteggerci. In quel momento saltai giù dal letto e vidi i soldati sul soffitto. Stavano posizionando le armi.
Vatan: Erano soldati ordinari o…?
Ebru Dincer: No, indossavano delle maschere. Non potevamo vedere i loro volti. Ad eccezione per un paio di loro, il resto indossava delle maschere. Il bombardamento iniziò alle 4:30 e continuò fino alle 11:00 senza tregua. Nello stesso momento iniziarono ad aprire il fuoco nel dormitorio. In quel momento Songul Ince venne colpita al braccio. E misero una bomba nella sua ferita. Ma riuscii a togliergliela. Ero proprio vicino a lei. Molti dei nostri amici sono stati intossicati dalle bombe.
Vatan: Che tipo di bomba era?
Ebru Dincer: Erano bombe… bombe esplosive.. a quel che ricordo, dalla distanza in cui mi trovavo potevo distinguere che molte di loro erano bombe esplosive. Gas nervino, gas urticanti.. ovviamente non l’ho potuto realizzare in quel momento. Più tardi si elaborano i dettagli. Gli effetti erano che non avevi il controllo dei tuoi movimenti, abbiamo perso conoscenza e loro continuavano ad attaccare ininterrottamente, non si aveva il tempo di trovare riparo. Cercavamo di respirare l’aria dalle finestre ma loro tiravano anche le bombe nell’area esterna adibita agli esercizi. In questo modo loro ci impedivano di respirare aria fresca e trovare un po’ di conforto.
“Non ero in fiamme ma stavo bruciando”.
Vatan: Quando iniziò tutto a prendere fuoco? Che cosa ricordi dell’inizio dell’incidente? Che tipo di armi stavano usando? Erano una dopo l’altra?
Ebru Dincer: Sì, erano una dopo l’altra. Il bombardamento continuò per nove ore senza fermarsi mai. E non potevamo lasciare il dormitorio perché non avevamo nessun posto dove andare. Non potevamo alzare neppure le teste, non potevamo stare in piedi, sia a causa delle bombe di gas, sia perché sparavano dalle finestre, quindi non avevamo un riparo. Eravamo tutte incoscienti. Prima che noi lasciassimo il dormitorio, al momento dell’evacuazione, diedero fuoco alla porta d’ingresso. Non so come e con che cosa la bruciarono. Ancora non ne ho idea.
Vatan: Era una specie di gas?
Ebur Dincer: Nessuno ancora lo sa. C’è stato detto che era un’arma chimica, perché un normale sostanza infiammabile si propaga piano piano. Funziona così di solito: una sezione inizia a bruciare e poi le fiamme si propagano intorno. Ma questo non fu il caso. Iniziò a bruciare tutto subito. In un secondo il dormitorio andò completamente in fiamme e noi, di conseguenza. Quando iniziai a bruciare i miei vestiti non furono danneggiati. Bruciava solo la pelle, molto strano. Ho sentito di alcune sostanze che bruciano la carne umana quando esse vengono a contatto con la pelle, persino se indossi dei vestiti. La mia schiena, le mani e la faccia sono bruciate ma non i miei vestiti. La mia maglietta non era bruciata, ma il mio corpo sì. E’ successo che io ero in fiamme ma non stavo bruciando. Dopo questo iniziammo a lasciare il dormitorio. In quel momento persi conoscenza. A causa del forte bombardamento non potevamo vedere gli uni gli altri. Ci furono delle compagne che erano intossicate e collassarono. Le amiche che hanno lasciato il dormitorio per prime, tornarono a prendere le altre. In quel frangente mi hanno portato fuori… Sono stata tratta in salvo perché ero vicino alla porta dell’uscita. Se fossi stata più in là non sarei sopravvissuta. Da quanto ricordo eravamo in ventotto lì dentro e saremmo dovute morire tutte nel dormitorio. Bruciate vive…
Vatan: Che cosa sarebbe successo se non foste riuscite ad aprire la porta?
Ebru Dincer: Se non fossimo riuscite ad aprire la porta saremmo state bruciate tutte dalle bombe, ciò accade nel giro di qualche secondo. Posso pensare a ciò che è successo come puro caso fortuito. La maggior parte di coloro che sono sopravvissute, ad eccezione di un paio, sono state ustionate. Sei di noi sono bruciate completamente e i loro corpi non sono stati identificati. Yazg�l G�der, Seyhan Dogan, Nilufer Alcan, �zlem Ercan, G�lser Tuzcu, Sefinur Tezgel …sono state bruciate vive.
Vatan: Lo notasti dopo un po’, fu quando scendesti al piano inferiore?
Ebru Dincer: Si, quando scendemmo al piano di sotto e i nostri sguardi iniziarono a cercare i nostri amici. Allora notammo l’assenza di alcune che non erano con noi, di chi ancora era sopra. Notammo le nostre amiche bruciate. Alcune che sembravano non avere molte bruciature tornarono sopra ma non riuscirono a prenderle: era impossibile. Il dormitorio era in fiamme. Poi notammo che anche gli oggetti di metallo erano fusi. Appena fummo nell’area degli esercizi, iniziarono a gettarci acqua pressurizzata. Penso che fosse l’idrante, era molto potente. Mentre eravamo tutte ferite, continuavano a tirarci addosso le bombe. Ci prendevano come bersagli. Non era importante per loro dove finissero le bombe. Miravano alla testa, alle braccia, alla schiena, sebbene fossimo già ferite. Andammo nel dormitorio opposto a dove stavano sparando e iniziarono a bombardare anche quello. Questa situazione continuò per un po’. Alcuni soldati entrarono nella palestra. Indossavano tutti le maschere. Presero alcuni di noi, trascinandole e picchiandole, senza nessun riguardo al fatto che erano ferite. Questa operazione, fin dall’inizio, fu ripresa con le telecamere. C’erano due telecamere sul soffitto. Noi gridavamo “Cessate il fuoco!” …ma non lo fecero.
Vatan: Le telecamere di cui parli appartenevano ai militari?
Ebru Dincer: Sì, telecamere dei militari. E tutto l’incidente fu filmato, ma non fu mai divulgato. Lo stanno ancora tenendo nascosto. Cercano di far credere alle persone che ci siamo date fuoco da sole. Loro avvalorano questa tesi.
Vatan: Si dice che abbiano fatto dei buchi nel soffitto e hanno usato armi chimiche per bruciare i prigionieri. Ebbero gli idranti dal dipartimento dei vigili del fuoco, ma non li usarono con l’intento di spegnere l’incendio. Vi ridevano persino in faccia.
Ebru Dincer: Quando uscimmo dall’area adibita agli esercizi, loro ridevano di noi. Noi urlavamo: “Spegnete il fuoco! Spruzzate l’acqua, non a noi, ma al dormitorio. Spegnete il fuoco. State bruciando le nostre amiche vive.”
Ma a discapito di questo, il fuoco continuò per alte due ore. Per due ore gli gridammo di smetterla, ma senza nessun risultato. Inoltre, dirigevano i getti d’acqua su di noi invece che sul fuoco, che continuava a bruciare. Non c’era nulla da fare.
Vatan: Che cosa dicevano, Ebru, potevi sentirli?
Ebru Dincer: Usavano megafoni, dicevano: “Arrendetevi!” imprecavano contro di noi: “Vi uccideremo tutte, vi bruceremo tutte” Eravamo tutte in palestra. Ci strapparono uno ad uno. Questo accadde dalle 4:30 alle 14:00. Questo è quanto io possa ricordare. Alcuni delle nostre amiche furono brutalmente ferite.
Vatan: Chi fu brutalmente ferito?
Ebru Dincer: Hacer Arikan, Ebru Dincer… Birsen Kars sono ora nella prigione di Bakirky. Le sono state negate le cure mediche. Hacer Arikan si trova in una situazione critica. Il 45% del suo corpo è ustionato. Ha preso fuoco mentre cercava di mettere in salvo Sefinur Tezgel. Quando ero in ospedale, fino a due mesi fa, Hacer non poteva ancora stare in piedi e camminare. La sua situazione erano molto critica. Nell’ospedale di Cerrahpasa non l’hanno curata per almeno due mesi perché aspettavano che morisse. Loro veramente stavano aspettando il decesso, lo hanno anche ammesso, quindi non è stata curata.
Vatan: Erano dottori?
Ebru Dincer: Sì, dottori. Parlavano tra di loro e noi li ascoltavamo. Anche Hacer ce lo disse. Le furono negati i trattamenti medici per molto tempo. Eravamo in quattro di noi all’ospedale di Cerrahpasa. Eravamo tutte gravemente ustionate. Hacer Arikan, Birsen Kars, Glizar Kesici ed io. Rimanemmo in quell’ospedale per due mesi e nessuno di noi ricevette cure durante quel periodo. Eravamo legate al letto con delle catene alle gambe, anche se non eravamo capaci di reggerci in piedi. Eravamo come in una situazione di coma. Questa tortura continuò per due mesi. Dopo circa un mese e mezzo dal 19 dicembre, vennero a farci visita dei rappresentanti dell’EU, dei CPT (Commissione di prevenzione contro la tortura). In quel momento mi operarono, e non li potei vedere. Le catene delle nostre amiche furono rimosse per una paio d’ore. Quando la delegazione partì, le legarono nuovamente. Sapevano di essere nel torto, questa la loro affermazione oggi. Se erano coscienti di essere nel giusto perché avrebbero rimosso le catene? Molti delle nostre amiche erano ferite. Questo era noto. Alcune delle nostre amiche erano criticamente malate, ma non furono rilasciate. Ad eccezione di trattamenti medici di base, né io né Hacer, né altre, ricevemmo cure appropriate. Solo asciugamani bagnati.
Vatan: Parli di “amiche”, chi erano e qual era la loro situazione? Così come tu puoi ricordare, dato che eri per lo più incosciente.
Ebru Dincer: Non era possibile aprire gli occhi, a causa del gas non potevi vedere neppure chi ti era di fronte, ma nel contempo potevi percepire il buio, il fumo, le bombe, i proiettili, coloro che erano feriti, quelli che erano ustionati. In termini di primo soccorso medico non abbiamo ricevuto nulla eccetto gli asciugamani bagnati. I canali televisivi hanno trasmesso la notizia che eravamo armate, ma noi avevamo solo gli asciugamani bagnati. Potevano vederlo anche loro.
Vatan: E loro gridavano “Arrendetevi!”?
Ebru Dincer: Sì, questo era l’avviso che ci facevano in quelle condizioni. Era la comunicazione per quelli che erano in prigione, sotto tutela dello stato. Ma all’inizio non ci fu nessun avvertimento o annuncio. Aprirono subito il fuoco e gettarono le bombe. Le barricate di cui parlavano erano due armadi. Sei donne furono bruciate vive nello stesso dormitorio in una sola notte.
Vatan: Vuoi lasciare un messaggio conclusivo?
Ebru Dincer: Esprimere i miei sentimenti è molto difficile. Ma vorrei che tutti conoscessero la realtà turca. Lo sai perché? Questo non è stato il primo massacro. A discapito di tutto ciò, non posso smettere di chiedermi “Perché? Perché?”. Nessuna spiegazione è sufficiente dopo un po’. Sei donne sono state bruciate vive nello stesso dormitorio in una notte. Nessuno se lo può spiegare. Nessuno può farlo. Penso al nazismo di Hitler. Lo abbiamo letto nei libri. Guardiamo i documentari. O i massacri di Sivas. Penso ai trentasette amici bruciati a Sivas. Quando una delle nostre amiche, Birsen Kars, che era nel dormitorio C-1 in fiamme, è stata portata fuori dall’ambulanza, lei urlò: “Sei donne sono bruciate vive!”. Infatti possiamo descrivere l’accaduto come “inizialmente le camere a gas, poi fummo briciate nei crematori.” È stato veramente crudele. Siamo state soffocate con le bombe di gas e poi bruciate. Tutto è successo in una notte. Tutto si condensa in una notte: tirannia, separazione e morte.
EBRU DINCER E IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SAMI TÜRK
Ebru Dincer è stata anche menzionata e invitata a testimoniare durante l’incontro dei membri del Parlamento Europeo. Incontrò Pierre Goldberg, MEP francese, nello stesso hotel dove si teneva il meeting. Anche il Ministro della Giustizia era lì. Ebru era al piano superiore. Sami Türk era al piano inferiore. Sami Türk stava discutendo con il MEP tedesco: gli stava spiegando come l’operazione era stata condotta in modo molto umano. Quando Ebru realizzò che anche il ministro era lì, esplicitò i suoi sentimenti:
“Innanzitutto ci fu l’odio. Volevo trovarmi faccia a faccia con il Ministro di Giustizia, volevo vedere i suoi occhi. Avrei voluto dirgli: – Questo è il tuo manufatto. Guarda il tuo lavoro. Lo sai già, ma io voglio che lei mi osservi bene.”